5 Dicembre 2019

La creatività è universalmente riconosciuta come un’abilità chiave sul posto di lavoro. Ma il passare degli anni, la ripetizione di mansioni sempre uguali, la mancanza di sfide pongono seri rischi per la nostra flessibilità mentale. La buona notizia è che la creatività non è innata e si può allenare. Come?

Una per tutti!

Che oggigiorno la creatività piaccia non è un segreto. Le fabbriche fordiste in cui le persone funzionavano come ingranaggi hanno da tempo lasciato spazio a realtà dove l’innovazione è imprescindibile per la sopravvivenza e il successo dell’impresa. L’originalità, di conseguenza, da prerogative dei bambini o degli artisti è diventata un’abilità fortemente ricercata.

Eppure, molti di noi non proporranno mai un’equazione che rivoluzionerà la fisica, non scriveranno poesie destinate alle antologie scolastiche, né inventeranno tecnologie ground breaking come accadde per il touch screen degli smartphone (nota di colore: l’inventore di questi ultimi è stato il vicentino Federico Faggin, alumno dell’Università di Padova, ma questa è un’altra storia).

Se non siamo né artisti, né designer, né geni né scienziati… Cosa ci azzecca con noi la creatività?

Innanzitutto, è importante definire di cosa parliamo. La creatività – per chi la studia – è generalmente definita come la capacità di produrre qualcosa che sia al contempo originale e utile. Se ci pensiamo, al di là degli ambiti in cui si può applicare, la sua necessità ci accomuna tutti: nella vita quotidiana, personale e lavorativa, incontriamo grandi o piccoli problemi inediti che richiedono una soluzione originale o, perché no, problemi consueti a cui potremmo guardare con occhi nuovi. La creatività è una questione di problemi – concreti e non – e soluzioni.

Per quanto riguarda nello specifico l’ambito professionale, conosciamo l’enorme potenzialità della creatività sul luogo di lavoro – anche per profili non strettamente “creativi”. I dipendenti giudicati più creativi dai superiori tendono infatti ad avere una prestazione lavorativa migliore e a ritenersi nel complesso più soddisfatti. D’altra parte, quando i manager adottano una leadership che incoraggi la creatività, i membri del loro team tendono a essere più efficienti, motivati e coinvolti. Ma non solo, i benefici si estendono anche alla salute: le mansioni che richiedono originalità si associano infatti a maggior benessere e minor frequenza di mal di testa, mal di schiena e disturbi cronici.

Elicottero di Leonardo da vinci

I prototipi di elicottero disegnati da Leonardo Da Vinci ci ricordano che la creatività non è solo artistica ma anche tecnologica. In tempi recenti le invenzioni vengono codificate e protette con una specifica normativa riguardante la proprietà intellettuale.

Anche le Muse hanno i loro nemici

Una competenza estremamente utile, quindi. Eppure, anche se lo scetticismo non è più un problema, esistono diverse minacce alla possibilità delle persone di essere creative.

Età.

In primo luogo, diversi studi sul ciclo di vita danno seguito alla credenza che invecchiando si diventa meno creativi. Lo sviluppo del pensiero divergente (la capacità creativa di produrre più soluzioni alternative allo stesso problema) raggiunge infatti il picco nei giovani adulti, per poi arrestarsi e declinare man mano che l’età avanza. Persino i grandi inventori e i geniali premi Nobel producono la maggior parte dei propri lavori fra i 30 e i 40 anni, dopo circa un decennio di gestazione.

Mancanza di stimoli.

Gli psicologi che studiano lo sviluppo della creatività nei bambini affermano che non si tratta di un talento innato, ma il frutto di un’opportuna stimolazione: ambienti familiari ricchi di spunti intellettuali ed estetici ospitano più probabilmente futuri creativi. Non stupisce quindi che anche sul luogo di lavoro siano la complessità della mansione e l’autonomia del lavoratore nello svolgerla a mantenere viva la capacità di essere originali: compiti variegati e modalità differenti per svolgerli lasciano spazio alla sperimentazione.

Autosabotaggio.

Nel corso degli studi, si sono distinti due tipi di credenze che le persone nutrono riguardo alla propria creatività: quelli che la considerano un talento innato e immodificabile (concezione entitaria) e quelli che la considerano una facoltà allenabile (concezione incrementale). I professionisti con una concezione incrementale sono quelli che più probabilmente raggiungono successi legati alla propria creatività mentre coloro che considerano la creatività una dote innata tendono ad essere i principali nemici del proprio successo.

Comunque la si pensi, età e mancanza di stimoli sono rischi a cui tutti i lavoratori, in ogni ambito e in qualunque mansione, si trovano ad affrontare. In molti inoltre sono diffidenti rispetto alla possibilità che la creatività possa essere allenata e sviluppata.

Art Attack di Giovanni Mucciaccia

Il programma Art Attack di Giovanni Mucciaccia, in onda negli anni ’90 e 2000 sulle reti tv nazionali, riscosse grande successo di pubblico, non solo tra i bambini ma – un po’ a sorpresa – anche tra gli adulti, soprattutto nella fascia dei 30-40 anni.

Ma quindi, allenare la creatività è possibile?

La risposta è senza dubbio “sì!”.

Da un lato, sono stati progettati negli anni diversi training, sia per bambini che per adulti. Questi consistono in esercizi per aumentare la fluidità del pensiero divergente (e.g. trovare diversi usi possibili per lo stesso oggetto in un lasso di tempo ridotto) o la flessibilità mentale (e.g. cambiare improvvisamente e continuamente il criterio tramite cui classificare delle immagini) … E si sono dimostrati efficaci!

Dall’altro, alcuni ricercatori hanno ideato delle procedure che consentano a dei gruppi di persone di essere più creativi. L’esempio ormai inflazionato è il brainstorming, ma il principe delle metodologie creative al momento attuale è il design thinking. Nato a Stanford nell’ambiente dei designer, si tratta di un insieme di metodologie e tecniche volte a progettare soluzioni innovative, sfruttando la comprensione profonda delle esigenze, l’eterogeneità dei punti di vista e il monitoraggio del processo creativo stesso.

Quali tecniche esistono per allenare la creatività?

In tempi recenti, alcune metodologie si sono affermate con più forza di altre: in JC Academy abbiamo realizzato interventi e laboratori utilizzandone principalmente due.

  • Il design thinking è stato applicato con successo per aumentare l’innovatività dei team nei più svariati settori: telecomunicazioni, moda, arredo, alimentare, ingegneria medica, assistenza e servizi sanitari, contribuendo ad alimentarne il fascino. Ma non solo: gli studi nelle neuroscienze hanno confermato un mutamento nelle modalità di attivazione cerebrale in soggetti addestrati per alcune settimane a implementare questa metodologia, dando un riscontro biologico ai meccanismi di azione di questo insieme di tecniche.
  • Il Lego Serious Play, che si basa sullo svolgimento di alcune attività (individuali e di gruppo) utilizzando i mattoncini colorati più famosi del mondo, si è invece rivelato particolarmente utile per “sganciare” il pensiero cosciente e far ragionare le persone con le mani: si parla in questo caso di concrete thinking.

 

In conclusione, possiamo affermare che non c’è un’unica via alla creatività, ma che arrendersi all’abitudine è certamente la via per il fallimento. Rinunciare in partenza alla possibilità di essere originali significa mettere in un atto una profezia che si auto-avvera, specie laddove la ricerca ci suggerisce nuove vie da esplorare per aumentare queste preziosa facoltà. E’ tempo di rispolverare la creatività, anche con l’aiuto di un consulente o un coach.

Corsi e laboratori in partenza


Autore: Alex M., laureato in psicologia del lavoro ed esperto di self-branding e corporate marketing.