22 Novembre 2019

Let’s pretend you were… Timidezza e paura sono i fattori psicologici che più frenano l’apprendimento di una nuova lingua, soprattutto nel parlato. L’improvvisazione teatrale permette però di ridurre la paura di sbagliare e favorisce la sperimentazione di un inglese più vero e facilmente applicabile alla vita quotidiana. 

Improve or not to improve?

Sono ormai lontani i tempi in cui una conoscenza basilare dell’inglese era sufficiente per promuovere la propria carriera. Fra commenti non sempre centrati sui risultati INVALSI e figure istituzionali che sfoggiano un inglese dubbio, capire il valore strategico dell’inglese non è semplice. Proviamo a fare ordine alle idee.

Secondo l’English Proficiency Index di Education First (EF), storica agenzia specializzata nella formazione linguistica, la competenza linguistica in inglese dell’Italia è “moderata”, ma con trend decennale di miglioramento. Un po’ mediocri, ma con una situazione tutt’altro che statica. D’altra parte, crescono nella nuova forza lavoro l’interesse e l’investimento rivolti alla lingua: secondo Almalaurea, il più grande consorzio interuniversitario italiano, un diplomato su 4 frequenta un corso extracurricolare di inglese, uno su 3 possiede una certificazione di lingua… ma solo uno su 9 raggiunge un livello pari almeno al B2 (utente intermedio autonomo).

Livello di conoscenza dell'inglese in Europa

L’Italia ha il punteggio più basso di tutta l’Europa Centrale nell’English Proficiency Index di EF, e si posiziona poco meglio di Russia e Bielorussia (dati 2018).

Si tratta quindi di stare al passo con i tempi, ma non solo. Il Sole 24 Ore analizza l’importanza a livello retributivo del parlare un buon inglese. I vantaggi di carriera non coinvolgono, come ci si potrebbe aspettare, solo il settore turistico, ma anche campi come quello commerciale e informatico, dove il raggiungimento di un livello intermedio o avanzato di inglese si associa a un incremento di retribuzione annua lorda rispettivamente dell’8% (+2.000 euro) e del 19% (+4.500 euro).

«Ma mi vergogno»

Senza ombra di dubbio, insomma, sapere l’inglese – e bene – conviene. Ma cosa impedisce alla maggioranza degli italiani di raggiungere un livello almeno intermedio, che vada oltre il mero uso scolastico della lingua, utile all’interazione efficace anche in un ambiente di lavoro con colleghi, clienti o fornitori? Sappiamo bene che le nostre abilità mentali (quelle che gli psicologi chiamano fattori cognitivi, come ragionamento e attenzione) contano fino a un certo punto nell’imparare una lingua, specialmente quando si passa dal coniugare verbi al comunicare di persona.

Uno dei nemici acerrimi dell’apprendimento delle lingue è proprio un fattore non cognitivo, il timore di parlare.

A tutti noi mette un po’ di ansia parlare con un madrelingua: davanti ad una persona con un eloquio raffinato e fluente, tutti abbiamo paura di balbettare qualche frase ricordata a fatica. Psicologi e linguisti hanno da tempo notato e documentato il fenomeno: l’ansia all’idea di interagire in inglese – sia dentro che fuori la classe – si associa a uno ad un peggioramento delle performance nel parlato e determina un calo di profitto nei test di lingua. La timidezza individuale infatti – di cui la paura di parlare è espressione – diminuisce sia la voglia delle persone di migliorare la lingua (la motivazione), sia quanto si sentono salde nel parlare in inglese (la sicurezza). Questa combinazione è letale, perché trattiene le persone dal praticare la lingua stessa.

Nighthawk Edward Hopper

Ne “I nottambuli” di Edward Hopper il tema dell’incomunicabilità e della separazione tra persone – anche vicine – sembra emergere con particolare forza.

Act it out!

Alcuni pionieri hanno proposto come soluzione al problema dei fattori relazionali nell’apprendimento della lingua l’utilizzo di tecniche teatrali1. Perché invece di leggere dialoghi, memorizzare liste di parole e coniugare verbi per ore, non provare a far impersonare agli studenti interi scambi di battute, ricchi di spunti e significati? E, perché no, provare a far loro improvvisare in inglese delle situazioni di vita reale?

Sperimentare in sicurezza

I punti di forza della metodologia sono molteplici. In primo luogo, si può sperimentare in sicurezza. Quando si recita si finge di essere qualcun altro, e questo crea una distanza protettiva: se a fare le gaffe linguistiche è la casalinga disperata o il maggiordomo che stiamo impersonando, anziché noi in prima persona… beh, in fondo in fondo non è un problema nostro. La minor ansia dovuta all’errore e la necessità di non arrestare la scena (the show must go on!) riesce a disinnescare il freno della timidezza2.

Emozioni e motivazione

In secondo luogo, sul palco si vanno a vestire ruoli particolari e non è raro che qualcosa risuoni anche della nostra esperienza: vecchi ricordi, crucci o paure possono fare capolino da qualche angolo buio. Recitando si provano emozioni. Questo è un grande vantaggio per chi apprende una lingua: una situazione associata ad un’emozione viene immagazzinata molto meglio nel nostro cervello e – fortunatamente – la lingua con essa. Inoltre, recitare ci coinvolge interamente: tutti i nostri sensi, tutti i nostri muscoli. Siamo immersi nell’azione, nel qui-e-ora, non su un banco di scuola: la postura ideale per interessarsi e sviluppare motivazione.

Maschera greca

Le maschere utilizzate dagli attori nei teatri dell’Antica Grecia erano di grandi dimensioni e mostravano espressioni esagerate per dare evidenza alle emozioni.

Apprendimento olistico

Inoltre, il parlato non è fatto solo di parole, ma di elementi non verbali: intonazione della voce, postura, espressioni facciali. Una costellazione di elementi che nelle classi tradizionali viene ignorata, ma che è la linfa stessa della recitazione… e della vita reale.

Recitare vuol dire imparare non solo a parlare, ma a esprimersi.

Aspetto non da poco, se si considera che una buona intonazione nella lingua straniera comunica un senso di maggior competenza3. Infine, non si memorizzano singole parole, prive di cornice, ma intere frasi; peraltro esattamente nella situazione (pur fittizia) in cui è appropriato usarle. Un apprendimento più contestualizzato e globale, quindi.

In conclusione, la pratica dell’improvvisazione e della messa in scena sono strumenti utili a migliorare l’apprendimento di una lingua straniera, attraverso una molteplicità di meccanismi di azione.

In molti ritengono che questa metodologia sia il futuro dell’apprendimento delle lingue straniere: la JC Academy organizza molteplici corsi di formazione, laboratori e weekend immersivi basati proprio sul ricorso all’improvvisazione teatrale (in lingua). Scopri i corsi in partenza.

 

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Autore: Alex M., laureato in psicologia del lavoro ed esperto di self-branding e corporate marketing.

Altri riferimenti bibliografici non linkati nel testo dell’articolo: [1] Giesbert, S. (2014). Drama and theatre in teaching foreign languages for professional purposes. Recherche et pratiques pédagogiques en langues de spécialité. Cahiers de l’Apliut, 33(1), 138-150; [2] Fauzan, U. (2014). The use of improvisations technique to improve the speaking ability of EFL students. Dinamika Ilmu, 14(2), 264-287; [3] Wennerstrom, A. (2000). The role of intonation in second language fluency. In Perspectives on fluency (pp. 102-127). University of Michigan.