5 Novembre 2019

Tutte le metodologie per l’innovazione – dal Design Thinking al Google Sprint – si avvalgono di tecniche di prototipazione rapida per validare in tempo quasi-reale le soluzioni generate. La paura di sbagliare è il più grande nemico del creativo: prototipare subito, con materiali poveri, le proprie idee, permette di verificare subito cosa funziona.

Domenico Polimeno, 35 anni e una laurea in psicologia, è Head of UX Engineering alla Fifth Beat Academy di Roma ed è il facilitatore che ci ha raggiunti a Padova per coordinare la formazione esperienziale organizzata sui temi del design thinking e della prototipazione rapida.

Gli otto partecipanti selezionati tra le tante candidature ricevute sono tutti lavoratori dipendenti di aziende private con sede in Veneto: donne e uomini, dai 29 ai 45 anni, impiegati in grandi imprese manifatturiere, spin-off universitari e società di servizi, spesso con esperienza in ambito R&D e innovazione.

Il design thinking in due giorni

La prima domanda che facciamo a Domenico, 14 anni di esperienza sul campo, è cosa si possa imparare del design thinking in due giorni, visto che la formazione si svolge in formato executive, nell’arco di un weekend.

“In due giorni, simuliamo l’intero processo di design thinking, dall’inizio alla fine” ci spiega. “La metodologia non si impara sui libri ma bisogna tuffarcisi dentro, bisogna sporcarsi le mani e progettare davvero qualcosa di reale. Per questa due giorni ho scelto un obiettivo sufficientemente sfidante ma anche realistico, che attingesse da un set di problemi generali. Nello specifico ho deciso di porre questa challenge: come migliorare la vita degli anziani utilizzando la tecnologia?”.

Partecipanti al corso di design thinking

L’unico errore è la paura di sbagliare

Un tema che Domenico ha molto a cuore è il concetto di errore. Il principale muro da abbattere quando si conduce una formazione di questo tipo è proprio la paura di sbagliare. Tutti vogliono fare bella figura, apparire competenti ed intelligenti, dire la cosa giusta. Ma se si vuole davvero imparare qualcosa di nuovo occorre lanciarsi, azzardare ipotesi e soluzioni, viaggiare con la fantasia per sprigionare appieno la creatività: bisogna anche rischiare di dire una castroneria.

“In aula cerco di rompere la classica relazione discente-apprendente a cui tanti anni di scuola dell’obbligo ci hanno abituati. Non ci sono professori in cattedra né dispense su cui stare chini in religioso silenzio,” ci spiega, “bisogna sperimentare in prima persona”.

“Va quindi creato un ambiente libero dal giudizio, che favorisca lo scambio di feedback, domande, dubbi. I partecipanti non devono mai sapere cosa li aspetterà nella fase successiva, devono fidarsi del facilitatore e navigare a vista, sempre pronti ad improvvisare.”

Scatti dal corso di design thinking

Sei tecniche di prototipazione rapida e tanto ‘testing’

I partecipanti al corso non si sono però limitati a generare nuove idee. Hanno anche dovuto metterle in pratica, tradurle in qualcosa di concreto. Da qui l’utilizzo di ben sei differenti tecniche di prototipazione rapida, facendo ricorso a materiali ‘poveri’: post-it, cartoncini, forbici, colla, creta, plastilina e molto altro. Tutto ciò che può aiutare a visualizzare la soluzione, a toccarla con mano, aiuta anche a capirne i limiti e le problematiche.

È molto più conveniente fallire all’inizio, percepire subito che qualcosa non funziona come si pensava, anziché farlo più avanti, quando tempo e risorse ingenti sono già stati investiti ed il danno per l’azienda rischia di essere maggiore.

E alla sfida iniziale, il gruppo come ha risposto, vi starete chiedendo? Lavorando ad una app, che da un lato promuovesse lo svolgimento di attività fisica e dall’altro offrisse incentivi in termini di accessi ad eventi ed iniziative culturali e ludiche.

Alla versione finale si è giunti attraverso un percorso iterativo basato su un alternarsi di fasi di prototipazione e testing, dove i partecipanti – divisi in due gruppi – sono stati chiamati a validare gli uni il lavoro degli altri, evidenziandone punti deboli e limiti, fino al raggiungimento di un optimum.

Corsi e laboratori in partenza


Autore: Riccardo M., ingegnere industriale ed esperto di innovazione tecnologica